LA CURA DELLE CAMPANE TIBETANE

Le Campane Tibetane, esposte all’aria e all’azione di agenti esogeni sono soggette a fenomeni di ossidazione e corrosione.

Vi consiglio, nel caso non l’aveste già fatto, di visitare la pagina “Campane Tibetane” sul sito Suonoterapia Vibrazionale per aver ben chiara la reale composizione dell’amalgama che le compone, tutte.

Altre informazioni relativamente alla loro realizzazione, le potete reperire alla pagina “l’Alchimia“.

Ho deciso di dedicare questo articolo alla cura delle ciotole per farvi conoscere l’origine di quelle strane macchie che sovente condizionano negativamente un nostro acquisto e quale sia la loro reale importanza.

Esistono vari tipi di ossidazione cosiddetta protettiva e l’ossidazione corrosiva chiamata anche cancro del bronzo.

Il fascino particolare delle Campane Tibetane antiche autentiche dipende proprio dalla patina multicolore che a volte si crea sulla loro superficie e che rende ognuna di esse unica nel suo genere.

Questa patina deriva dall’interazione dello strumento con l’ambiente circostante, viene generata dai processi di corrosione chimica ed elettrochimica che comportano l’alterazione della superficie stessa della ciotola.

Il risultato di questi processi, più o meno avanzati nel tempo a seconda delle condizioni ambientali e al loro utilizzo, viene definito patina.

Questa patina è uno strato composito di elementi di corrosione che contengono comunque ancora, almeno in parte, le caratteristiche della superficie originaria.

I processi di corrosione vengono attivati dall’ossigeno dell’aria, dall’acqua che favorisce fenomeni di natura elettrochimica e dall’ambiente in generale con i suoi componenti solforati, carbonati, acidi, cloruri e altri agenti ossidanti.

Determinanti sono anche i materiali organici e le temperature elevate.

Questa patina può essere modificata da alcuni interventi, soprattutto impropri che vengono posti in essere al fine di effettuare la manutenzione della Campana Tibetana.

Se la patina è intatta, conserva perfettamente lo strumento, lo impermeabilizza e gli conferisce un fascino straordinario, come se ne avesse cura.

Esistono più “tipi” di patine che si formano con l’ossidazione del rame, elemento principale nell’amalgama che viene utilizzata nella realizzazione delle Campane Tibetane.

Molto comune è la Cuprite Cu2O, ossido di rame che si genera dall’interazione del metallo con l’ossigeno dell’aria, si presenta di colore rosso e non altera in modo significativo la superficie della Campana Tibetana.

Cura Campane Tibetane Cuprite

CUPRITE

L’ossidazione più comune è la Tenorite – CuO, il legame che si forma tra un solo atomo di rame e uno di ossigeno, il suo colore è scuro nerastro.

Cura Campane Tibetane la Tenorite

TENORITE

Almeno altri tre processi frequenti di ossidazione che possono avvenire quando il rame entra in contatto con il carbonio, sono la formazione di carbonati rameici: la Malachite – CuCo3Cu(OH)2  di colore verde, l’Azzurrite – 2CuCO3Cu(OH)2 di colore azzurro e la Calconatronite – Na2Cu(CO3)2·3H2O di colore verde/azzurro.

AZZURRITE – AZZURRITE E CALCONATRONITE

Queste tre formazioni sono soggette ad un aumento di volume della patina che non comporta decadimento a livello sonoro/vibrazionale.

Sovente si possono trovare formazioni miste, ad esempio, Cuprite e Malachite.

Cura Campane Tibetane Cuprite e Malachite

CUPRITE E MALACHITE

Queste tipologie di patine vengono definite “nobili”, non necessitano assolutamente di un intervento di recupero anche se ad alcune persone potrebbero non piacere.

Le immagini pubblicate non sono di repertorio, sono scatti tratti dalla mia collezione di Campane Tibetane.

Quando l’interazione del rame avviene invece con il cloro, si genera il cloruro di rame, la Nantokite – CuCl, un prodotto estremamente instabile che tende ad estendersi spontaneamente.

La corrosione che avviene in questo caso è profonda, si produce una polverina di colore verde chiaro che si sbriciola rovinando irreparabilmente la Campana Tibetana.

Questa condizione viene chiamata “cancro del bronzo”, è estremamente rara poiché richiede la presenza di cloro in ambiente acquoso.

Vi consiglio comunque di asciugare con cura le Campane Tibetane quando vengono utilizzate con l’acqua al loro interno, veli d’acqua anche non visibili ad occhio nudo, in eventuale presenza di sali di cloro in una patina presente, potrebbero innescare fenomeni di corrosione elettrochimica.

Questo avvertimento può essere utile a chi le utilizza in piscina (è di moda) dove l’acqua contiene sicuramente quantità non trascurabili di cloro.

Spero di essere stato sufficientemente esaustivo in merito a quelle “macchie” rosse, verdi, azzurre, nerastre che danno così tanto fastidio a molte persone.

Stiamo parlando di Campane Tibetane, non di oggetti di arredamento, parliamo di manufatti che potrebbero avere qualche centinaio di anni, strumenti preziosi che come tali vanno considerati e trattati, averne cura significa essere consapevoli della loro sacralità.

Se la vostra Campana Tibetana non brilla, non crucciatevi ma soprattutto evitate di seguire gli assurdi consigli dispensati sul web, anche pubblicati in alcuni video su Youtube.

Il famigerato limone che tanti suggeriscono di utilizzare per pulire e rendere brillanti le vostre ciotole, contiene acido citrico, estremamente sconsigliato per il bronzo.

La struttura cristallina dell’amalgama di cui è composta la Campana Tibetana viene alterata da questo acido e, se anche in un primo momento l’aspetto potrà apparivi migliore, la reazione chimica innescata dall’acido citrico all’interno dello strumento accelererà il processo di ossidazione del rame.

La Campana Tibetana va semplicemente lavata con acqua e un po’ di comune detersivo, sciacquata più volte e asciugata molto bene.

Non è la percentuale infinitesimale di limone che alcuni di questi detersivi potrebbero contenere che rovinerà la vostra ciotola, è davvero irrisoria, lavarla in questo modo servirà ad eliminare gli agenti esogeni (anche contenuti nelle nostre mani sudate).

Non usate alcun tipo di cera, olio o altro protettivo per renderne l’aspetto più gradevole ai vostri occhi, qualunque elemento potrebbe alterare la struttura della Campana Tibetana.

Nel caso ve ne capitasse una di “aspetto” antico, con superficie semilucida e particolari della martellatura evidenziati da toni particolarmente scuri e trovaste anche difficoltà a far scorrere agevolmente il batacchio sulla sua superficie appiccicosa, vi trovereste di fronte ad una Campana Tibetana di produzione indiana cosparsa di una particolare cera che viene spalmata sulla superficie dello strumento esclusivamente per donargli artificiosamente questo aspetto.

Potete rimuoverla con del petrolio (che non danneggia assolutamente la ciotola) per poi lavarla molto bene come vi ho spiegato prima per eliminare ogni traccia del solvente maleodorante.

Vi apparirà molto meno “antica” ma ne avrete salvaguardato l’integrità strutturale e lei “canterà” molto meglio.

Vi ho scritto prima di non usare oli, esatto, tantomeno quello di oliva, anche se ne rimuoveste una parte, l’eccesso, con un panno e la lasciaste riposare per poi ripassarla con altro panno per lucidarla, l’unico risultato che avreste ottenuto sarebbe stato quello di aver unto la superficie della Campana Tibetana e aver fatto sì che l’acido oleico presente nell’olio penetrasse nella sua struttura cristallina.

Sono tutti interventi da evitare, inutili ed a volte anche estremamente dannosi per le Campane Tibetane.

Imparate ad apprezzare la loro unicità e i preziosi segni del tempo, l’importante è l’armonia dei suoni che voi saprete farle esprimere, niente altro.

Cura particolare bisognerebbe poi dedicarla a quelli che normalmente vengono considerati semplici oggetti, accessori: i batacchi.

Il legno, specie alcune essenze, ha estremamente bisogno di essere “nutrito”, è sempre vivo!

Esistono in commercio un’infinità di prodotti, cere che, utilizzate con estrema parsimonia, svolgono egregiamente il loro lavoro.

Vi consiglio di porre sempre molta attenzione alla loro composizione e di evitare quelle che contengono paraffina, sostanza derivata dalla raffinazione del petrolio, per nulla naturale che lascia sempre unto il supporto ove viene applicata.

I prodotti più nutrienti contengono cera d’api e cera carnauba: dopo l’applicazione (ricordatevi in modesta quantità) e l’attesa di qualche minuto affinchè il legno assorba quanto gli necessita, l’eventuale eccesso potrà essere agevolmente rimosso con un panno, meglio se di lana.

Il batacchio non rimarrà mai unto o appiccicoso e il legno riacquisterà la sua naturale vividezza, ricordate sempre l’importanza dei batacchi, sono determinanti nell’espressione sonora delle Campane Tibetane.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                Dario Gasparato